Dialogo tra le fedi, tradizione viva

Dialogo tra le fedi, tradizione viva

Toscana Oggi n.26 del 6 Luglio 2008
Speciale Fondazione Giovanni Paolo II

di Riccardo Burigana *

L’approssimarsi del 50° anniversario della celebrazione del primo Colloquio Mediterraneo offre l’opportunità di una riflessione sul profondo legame tra la Toscana e il dialogo interreligioso nel Mediterraneo. Il Colloquio, che ebbe inizio il 4 ottobre 1958, fu pensato e voluto da Giorgio La Pira nella convinzione che Firenze dovesse svolgere un ruolo di primo piano nella costruzione di uno spazio, il Mediterraneo, nel quale fare esperienza concreta di dialogo per vivere la pace tra i popoli, superando le tensioni che attraversavano, ma si sarebbe tentati di dire attraversano tuttora, il Mediterraneo. Era quindi necessario promuovere l’incontro tra culture e religioni diverse, che per secoli si erano contrapposte nel Mediterraneo.
Proprio alle religioni del Mediterraneo La Pira attribuiva un ruolo particolare nella costruzione della pace, dal momento che le religioni dovevano illuminare il cammino dell’uomo, richiamando l’essenzialità della dimensione spirituale senza la quale ogni passo sarebbe stato vano, vittima di un processo meccanicistico, che non spiegava il senso della vita e della morte. Cristiani, ebrei e mussulmani erano così chiamati a conoscersi, scoprendo non tanto gli elementi comuni nelle loro religioni per una teologia interreligiosa, quanto il comune sentire per il bene dell’uomo con il quale costruire una società dominata dalla giustizia e dalla pace, lontana dalla logica della guerra quale strumento per la soluzione di ogni tipo di conflitto.

L’iniziativa di La Pira seppe dare a Firenze una dimensione nuova nel dialogo tra i popoli e tra le religioni, tanto da diventare, in quegli anni, un importante momento di conoscenza e di confronto tra mondi, spesso diffidenti, aprendo delle strade sulle quali ancora oggi cammina il dialogo interreligioso e interculturale del Mediterraneo. Sarebbe però riduttivo circoscrivere la vocazione al dialogo interreligioso di Firenze e, più in generale della Toscana, alle iniziative del «Sindaco santo», anche se a lui si devono riconoscere delle intuizioni profetiche che seppero aprire strade là dove nessuno immaginava. Da questo punto di vista esemplare è il caso dell’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze, fondata nel 1950, la prima in Italia; dell’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze La Pira fu uno degli ispiratori, sapendo cogliere la necessità di procedere a una riscoperta del rapporto tra ebrei e cristiani alla luce del comune patrimonio biblico per sviluppare una «amicizia» spirituale e culturale. Non era semplicemente un atto di riparazione per quanto era avvenuto nel passato, ma era un gesto per il futuro, nel quale ebrei e cristiani dovevano non solo convivere, ma giocare un ruolo di primo piano nella costruzione di un mondo ispirato ai valori biblici dell’amore. La nascita dell’Amicizia ebraico-cristiana a Firenze rappresentò una straordinaria novità nel panorama italiano, mentre altrove, in Francia, già erano nate delle amicizie ebraico-cristiane, anche se si erano caratterizzate soprattutto come luoghi nei quali fare memoria della storia contemporanea. La fondazione dell’Amicizia ebraico-cristiana di Firenze anticipò, per molti versi, temi e sensibilità del concilio Vaticano II, quando la Chiesa Cattolica seppe promuovere la riscoperta di un rapporto con il popolo ebraico in termini positivi, biblici e spirituali, avviando così un percorso, che non si è mai interrotto negli anni della recezione del Vaticano II, arricchendosi sempre di nuovi elementi.

Proprio la celebrazione del Vaticano II mostra quanto limitato fosse l’interesse per il dialogo interreligioso nella Chiesa Cattolica all’inizio degli anni ’60, se non in ambienti circoscritti e minoritari. Da questo punto di vista l’esperienza della Toscana, anche per la prosecuzione dei colloqui Mediterranei, rappresenta un’eccezione; infatti si assiste a una crescente attenzione per il mondo mussulmano, con la rinnovata attenzione per la situazione del Medio Oriente, anche per il desiderio di contribuire alla pace in quella regione. Si tratta di tentativi, spesso personali, legati a esperienze circoscritte nel tempo, che però indicano quale fosse l’attenzione nei confronti del dialogo interreligioso in senso lato, rivolto a un approfondimento della conoscenza della dimensione spirituale delle tre grandi religioni monoteiste da una parte e dall’altra alla ricerca di un terreno comune di impegno nella società per la pace.

Nella lunga stagione della recezione del Vaticano II si sono venute moltiplicando queste esperienze in Toscana, in forme e modi, che testimoniano la profondità delle radici spirituali delle comunità religiose della Toscana. Tra queste numerose esperienze non si può non ricordare Rondine, la città della Pace, che ha saputo costruire un modello di convivenza tra religioni diverse, quale tappa di un cammino di conoscenza reciproca senza la quale appare del tutto vano pensare di risolvere i conflitti contemporanei. Rondine non rivolge il suo sguardo solo al Mediterraneo, ma è indubbio che esso, in particolare il Medio Oriente, rappresenta una sfida da affrontare proprio per misurare la capacità di seminare la pace nell’oggi.

In questi ultimi anni, anche per le mutate condizioni geopolitiche e religiose dei popoli del Mediterraneo, con i sempre più massicci fenomeni migratori in atto, in Toscana non si è assistito al semplice sviluppo di iniziative già consolidate, ma alla nascita di progetti nuovi per rafforzare il dialogo interreligioso, quale strumento di conoscenza tra le religioni senza il quale non è possibile sconfiggere il pregiudizio della diffidenza nei confronti dell’altro. Anche alla luce di queste nuovi progetti si è venuto definendo un ruolo più dinamico nel processo di pace nel Medio Oriente, dal momento che pellegrinaggi religiosi, gemellaggi culturali e progetti di cooperazione hanno contribuito, in modo fondamentale, alla costruzione di una vicinanza che non risolve tensioni secolari e acute povertà, ma offre la strada per un reale superamento del pessimismo del futuro senza futuro.

*docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia.

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