Don Carlo Buzzetti sdb (1943-2011), le traduzioni interconfessionali della Bibbia e il dialogo ecumenico

Don Carlo Buzzetti sdb (1943-2011), le traduzioni interconfessionali della Bibbia e il dialogo ecumenico

Tiziana Bertola (Venezia)

 

Il concilio ecumenico Vaticano II ha segnato un «punto di non ritorno» per la Chiesa cattolica: l’entrata ufficiale nel movimento ecumenico con l’obiettivo di ristabilire la comunione tra tutti i cristiani come frutto di un percorso comune e non nella prospettiva «unionista». Non si esige più il ritorno puro e semplice dei fratelli separati alla Chiesa di Roma. La svolta ecumenica è stata formalizzata nel decreto Unitatis redintegratio del 21 novembre 1964 nel quale si afferma che la promozione dell’unità ecclesiale è uno dei principali intenti del concilio. Si sono così superate le diffidenze espresse da papa Pio XI nella lettera enciclica Mortalium animos del 6 gennaio 1928 su come promuovere la vera unità religiosa che ribadiva la posizione di papa Leone XIII nella lettera enciclica Satis cognitum del 29 giugno 1896 sull’unità della chiesa. Per timore di una disgregazione ecclesiale, il magistero non riconosceva altri modelli di unità tra i cristiani differenti dal ricongiungimento con la Sede apostolica romana, unica autorità unificante e fondante.
Nel post-concilio si è iniziato a considerare con occhi nuovi la fede e la vita degli aderenti alle altre tradizioni cristiane, invertendo un lungo cammino di estraniazione che ha visto nascere, al di fuori della Chiesa cattolica, vari movimenti ecumenici per recuperare la perduta unità in Cristo. Dalla conferenza mondiale tenuta ad Edimburgo nel 1910 dalle Società missionarie protestanti nella quale si incontrarono missione ed ecumenismo – un’assemblea considerata l’inizio del moderno movimento ecumenico – fino al congresso di Amsterdam nel 1948 del Consiglio ecumenico delle Chiese, Cec, è stato un susseguirsi di iniziative tra le diverse confessioni cristiane. Ricordiamo la prima conferenza ecumenica mondiale promossa dal movimento Vita e Azione a Stoccolma nell’agosto del 1925 per una testimonianza comune dei cristiani nell’azione sociale, e la conferenza ecumenica mondiale tenuta da Fede e Costituzione a Losanna nell’agosto del 1927 in cui si discusse di questioni dottrinali ed ecclesiali in vista di una futura confederazione di Chiese.
L’apertura offerta «con animo lieto» dai Padri conciliari ai fratelli separati ha dato l’avvio ad incontri tra cristiani e ha favorito lo studio congiunto dei testi biblici per realizzare traduzioni interconfessionali da divulgare anche tra i cattolici. Si sono così accolte le proposte avanzate dai fedeli ai loro vescovi durante la fase preparatoria dei lavori conciliari che richiedevano, oltre all’introduzione della lingua volgare nella liturgia, di porre le condizioni per una reciproca comprensione, specialmente in quei Paesi nei quali il confronto tra cristiani di diversa denominazione è quotidiano (in Il Regno 1961-1962). Si è definitivamente superato quanto disposto al numero 1 del canone 1399 del Codice di diritto canonico del 1917 che proibiva ipso iure le versioni fatte o edite dagli acattolici. Al numero 22 della costituzione dogmatica Dei Verbum sulla rivelazione, promulgata il 18 novembre 1965, si afferma infatti che «è necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura». La Chiesa perciò deve aver cura di preparare «traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue» le quali, se «fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate da tutti i cristiani». In seguito, la Pontificia Commissione Biblica al capitolo IV/B del documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa del 15 aprile 1993 precisa che la versione della Scrittura in un altro idioma, essendo una traduzione «sempre qualcosa di più di una semplice trascrizione del testo originale», «è la prima tappa dell’inculturazione», la quale «deve costituirsi grazie ad un’interpretazione che metta il messaggio biblico in rapporto più esplicito con i modi di sentire, di pensare, di vivere e di esprimersi propri della cultura locale». Sono aspetti che mettono in luce la responsabilità di chi è preposto a svolgere questa delicata attività ermeneutica. Tra i massimi studiosi dei libri della Scrittura e delle problematiche inerenti alla traduzione fatta in collaborazione con esperti di altre confessioni cristiane va annoverato l’allievo del card. Carlo Maria Martini, il prof. sac. Carlo Buzzetti, s.d.b. (Bergamo, 31 luglio 1943 – Lione, 6 marzo 2011).

1. Appassionato e rigoroso studioso della «Parola»

Carlo Buzzetti, ordinato sacerdote nel 1967, ha conseguito la licenza presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma e nel 1972 il dottorato in S. Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Presbitero della diocesi di Bergamo, ha insegnato Sacra Scrittura nel Seminario di Bergamo e in seguito, dal 1987 quando entrò nella famiglia dei Salesiani, nella Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana di Roma con il ruolo dapprima di invitato, poi di docente straordinario e infine dal 1994 al 2009 di ordinario. È stato pure docente presso il Pontificio Istituto Biblico e la Federazione Biblica Cattolica. Ha scritto per varie riviste e ha pubblicato, con le maggiori case editrici, diverse opere su esegesi, ermeneutica e specialmente sul tema della traduzione biblica, essendosi dedicato con passione allo studio della «Parola tradotta».
Con l’autorizzazione della Cei, nel 1972 ha iniziato a collaborare con l’Alleanza Biblica Universale, Abu, l’associazione mondiale delle Società Bibliche, per le versioni interconfessionali delle Scritture; ha poi svolto a livello internazionale l’incarico di consulente scientifico per le traduzioni dei testi biblici nelle lingue correnti di numerosi Paesi. È stato il primo cattolico a svolgere questo ruolo nell’organizzare i lavori di gruppi di esperti provenienti da diverse confessioni impegnati nelle versioni della Bibbia, operando con entusiasmo e con quella carità che consiste nella sincerità e franchezza reciproche. Il primo frutto della sua collaborazione come traduttore è stato Parola del Signore, il Nuovo Testamento edito nel 1976 dall’editrice Ldc assieme all’Abu e alla cui elaborazione hanno partecipato cattolici e protestanti. Studioso di grande spessore culturale, ha saputo far convergere i contributi offerti da versioni bibliche tra loro spesso diverse e a supportare con perizia i traduttori per rendere la loro opera efficace nell’esporre la parola di Dio in forme corrispondenti alla cultura e alla spiritualità di popoli diversi. Un lavoro importante anche dal punto di vista ecumenico, perché ha avviato un dialogo fraterno tra tutti i fedeli basato sulla centralità della Scrittura, nello spirito dell’esercizio dell’ecumenismo tracciato da Unitatis redintegratio, capitolo II. Il testo biblico, base essenziale per ritrovarsi tra cristiani al di là delle divisioni, ha rappresentato per il prof. Buzzetti il fondamento per il suo impegno ecumenico. Presentiamo alcune sue attività che ci fanno conoscere il suo amore per la Bibbia e la Chiesa e che hanno dato avvio ad una stagione di comunione tra fratelli separati nel servizio della Parola.

2. Traduzione biblica, realtà intermedia tra l’opera originale e i lettori attuali

Tradurre vuol dire trasportare un testo da una lingua ad un’altra per ottenere un testo sostitutivo. Si trasmette il messaggio di una persona ad un’altra di lingua diversa, che è quindi costretta a dipendere dalla mediazione di esperti. La delicatezza del lavoro consiste nel combinare due atti ricchi di interesse ermeneutico: la lettura di un testo di partenza e la stesura di un altro giudicato equivalente. Si deve riprodurre, imitare la forma, ma soprattutto realizzare l’effettiva comunicazione del significato. Ciò comporta il confronto tra sistemi linguistici diversi, ma anche tra culture e sistemi di valori differenti, poiché ogni lingua rappresenta il modo di pensare e di valutare la realtà di un popolo: una vera «visione del mondo». Nell’operazione si perde qualcosa del significato originale delle espressioni e si trasferisce qualcosa del mondo culturale del traduttore, attuando così una nuova presenza del testo. Nel trasportare un particolare contenuto semantico da una cultura o da una situazione ad un’altra, fatto che implica un’interpretazione, si può incorrere in trasformazioni indebite, in deformazioni non accettabili.
La traduzione della Scrittura, punto di riferimento normativo per la fede di molte persone, porta con sé un’ulteriore difficoltà: l’impegno di capire l’esatto messaggio evangelico per trasmetterlo alle nuove generazioni perché fecondi i loro sistemi di valori e norme di comportamento. Il rispetto per il testo biblico va combinato con la preoccupazione di mostrarne la significatività per l’oggi. Si tratta di dire «qui ed ora» ciò che era «altrove e un tempo». Questa attualizzazione richiede al traduttore una duplice fedeltà: verso ciò che è avvenuto una volta per sempre e verso la realtà del momento presente, evitando ogni arbitrarietà, per non far perdere all’annuncio la propria identità. La validità della traduzione va, infatti, misurata sempre sull’originale, il quale conserva l’unicità. La mancata unanimità nel giudicare una determinata versione è dovuta sia all’influenza di posizioni teologiche diverse, sia perché spesso il testo originale si presta a più di un’interpretazione.
La Bibbia, infatti, è un testo complesso che ha subito un lungo processo di formazione. È un insieme non casuale di testi diversi tra loro per genere, stile, forma, epoca, cultura e autore che sono l’espressione stratificata della storia e della fede di un popolo con tradizioni antiche. È parola di Dio espressa in lingue umane, conservata dalle comunità primitive nella sua pluralità come testimonianza autorevole e «parola» che interpella. Affinché ogni successiva generazione possa leggerla, meditarla e accoglierla come proposta di vita, la Scrittura deve subire un itinerario lungo e difficile di traduzione e d’interpretazione. La familiarità con le lingue bibliche per una lettura proficua del testo nelle forme originarie è un privilegio di pochi; tutti gli altri hanno bisogno di un sussidio, e ogni traduzione lo è.
La traduzione biblica è una costante nella storia delle comunità dei fedeli. Una prima importante versione dell’Antico Testamento per il popolo ebraico della diaspora, quella dei Settanta, dal testo ebraico e aramaico a quello greco si ebbe negli ultimi tempi dell’era pre-cristiana ad Alessandria d’Egitto. Ci fu poi la versione latina, la Vulgata di san Gerolamo, il quale nel quarto secolo dopo Cristo fu attento a rendere fedelmente tutta la Scrittura; questa traduzione, assunta come ufficiale, fu usata dalla Chiesa per molti secoli. Nel Rinascimento si sentì il desiderio di dare attualità alla parola di Dio scritta esprimendola nelle lingue correnti per favorire una lettura che alimentasse la vita spirituale. Nel sedicesimo secolo Martin Lutero produsse una traduzione in tedesco, La Bibbia di Lutero. Agli inizi del secolo successivo seguirono altre versioni: la Diodati a Ginevra, la King James in Inghilterra, un secolo dopo la Martini a Torino, ed infine la Riveduta. Nel corso degli anni molte edizioni sono state rinnovate al fine di rendere il disegno di salvezza significativo per le nuove generazioni. Per promuovere la produzione e la diffusione delle Scritture nelle lingue vive mettendole a disposizione del maggior numero possibile di fedeli, ma anche di non credenti, all’inizio del diciannovesimo secolo si sono sviluppate le Società Bibliche con le quali il biblista Carlo Buzzetti ha collaborato per oltre tre decenni.

3. Collaborazione tra Società Bibliche e Federazione Biblica Cattolica

Le Società Bibliche, Sb, sono associazioni cristiane non legate ad alcuna confessione, sorte per fornire a tutti i credenti gli strumenti per crescere verso una maturità nella fede. La prima, denominata Società Biblica Britannica e Forestiera, Sbbf, fu costituita a Londra l’8 marzo 1804 per opera di trecento laici appartenenti a diverse realtà ecclesiali inglesi. Aveva lo scopo di favorire la traduzione e la stampa del testo biblico in una lingua facile da capire e la sua distribuzione ad un prezzo accessibile. L’espansione di questa istituzione fu veloce. In breve nacquero in diversi Stati altrettante Società Bibliche comprendenti membri di confessione anglicana, luterana, riformata, ortodossa e cattolica, per cui si resero necessarie iniziative per il loro coordinamento. In un secondo tempo, i membri sia cattolici che ortodossi si ritirarono perché disapprovavano la diffusione della Bibbia senza note né commenti e soprattutto senza i libri deuterocanonici dell’Antico Testamento. Nel 1946 a Haywards Heath (Inghilterra) le Società Bibliche di tredici Paesi, rimaste di fatto protestanti, decisero di dar vita alla grande organizzazione mondiale chiamata Alleanza Biblica Universale, Abu. Suo primo responsabile fu John Temple, segretario generale della Sbbf. Ad essa si sono poi associate altre Sb nazionali fino a raggiungere nel 2000 il numero di centotrentotto uffici, operanti in oltre duecento nazioni.
In Italia, nel 1870 la Sbbf aprì un’agenzia a Roma nella quale si distribuivano la Diodati e la Riveduta. Queste versioni bibliche acattoliche non sono mai state apprezzate dalla Chiesa cattolica, che anzi ne proibiva la diffusione tra i fedeli. Soltanto dopo il Concilio Vaticano II essa iniziò a collaborare con l’Abu per progetti da affidare al lavoro congiunto di traduttori nominati dalle singole confessioni e da pubblicare in un’edizione comune. Per stabilirne principi, mezzi e orientamenti pratici a Roma il 2 giugno 1968 tra l’Abu e il Segretariato Pontificio per la promozione dell’unità dei cristiani fu firmato congiuntamente il documento Principi direttivi per la cooperazione interconfessionale nella traduzione della Bibbia. Questo documento, uno dei più importanti accordi tra cristiani di diverse confessioni, successivamente richiese alcune modifiche da ambo le parti al fine di agevolare i progetti di traduzione comune. Fu riedito nel 1987 con il titolo Direttive riguardanti la collaborazione interconfessionale nella traduzione della Bibbia. Tali direttive hanno ispirato e guidato il lavoro di più di trecento progetti, con l’accortezza di inserire, nelle pubblicazioni comuni, i libri considerati apocrifi da alcune Chiese in una sezione tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Nel 1969, per iniziativa di papa Paolo VI e del card. Agostino Bea si istituì la Federazione Biblica Cattolica, Fbc, un organismo mondiale avente lo scopo principale di coordinare l’apostolato biblico delle diverse Conferenze Episcopali nazionali. Con sede principale a Stuttgart in Germania, è presente in oltre cento nazioni; la sua dimensione ecumenica è rivolta alla traduzione e alla diffusione della Bibbia in collaborazione con le Società Bibliche. Nel 1988 la Cei, rappresentata dal vescovo di Livorno, mons. Alberto Ablondi, è diventata membro della Fbc.
Il 2 dicembre 1983 a Roma si è costituita la Società Biblica in Italia, Sbi, diretta prima dal pastore prof. Renzo Bertalot e dal 1988 dal figlio dott. Valdo. Tra i soci fondatori ci furono anche i cattolici mons. Alberto Ablondi, prof. don Romeo Cavedo, mons. Carlo Ghidelli, suor Lidia Longo, dott. Ettore Zerbino. La Sbi e la Sbbf in Italia costituiscono assieme il membro italiano dell’Abu con il compito di cooperare nella divulgazione di strumenti biblici e promuovere la pubblicazione delle traduzioni bibliche in lingua corrente. Mons. Alberto Ablondi, oltre ad aver rivestito il ruolo di presidente della Federazione Biblica Cattolica e di essere stato membro del direttivo della regione europea dell’Abu dal 1977, è stato vicepresidente per l’Europa delle Società Bibliche dal 1988 al 1996.
Negli ultimi decenni è cresciuta la collaborazione delle Chiese ortodosse con le Abu. Il 24 ottobre 1991 a Kaliningrad è stato firmato il protocollo A Joint Statement on Cooperation in Bible Work tra Abu e Alexis II, patriarca di Mosca e di tutta la Russia, e Kyrill, metropolita di Smolensk e Kaliningrad. Altri colloqui sono stati avviati con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e con altre Chiese ortodosse per cooperare nelle traduzioni dei testi sacri. L’Abu, la cui sede centrale si trova in Germania, a Stuttgart–Möringen, nel 1998 è stata riconosciuta dal Cec quale organizzazione a carattere ecumenico. Le Società Bibliche rimangono tuttora un movimento laico interamente a servizio delle Chiese, alle quali riconoscono la responsabilità dell’interpretazione dottrinale della Scrittura. Sono un esempio concreto di spiritualità cristiana laicale e interconfessionale, perché partono dal grado di unità esistente tra i cristiani.

4. Una metodologia per le traduzioni interconfessionali

Don Carlo Buzzetti si è dedicato, con rigore metodologico, ad organizzare le versioni interconfessionali della Scrittura nelle lingue correnti nella prospettiva della «comunicazione della fede», tema da lui affrontato sotto vari punti di vista. La traduzione biblica è stata per lui un modo concreto di promuovere un fruttuoso incontro tra le persone e comunità e la parola di Dio, Parola che non va solo tradotta, bensì «transculturata», formulata cioè in maniera che provochi al lettore di oggi lo stesso effetto di quello di duemila anni fa. Per questo ha cercato di favorire una lettura che alimenti la vita spirituale, perché, come egli spiega nei suoi scritti, «il legame fede Bibbia è nel cuore stesso della spiritualità cristiana».
Nella prima pubblicazione La Parola tradotta (Brescia 1973) egli presenta alcuni criteri linguistici ed ermeneutici atti a guidare la traduzione ed illustra come la linguistica moderna abbia rinnovato l’interesse per gli aspetti del linguaggio. Spiega che ogni traduzione è diversa per grado e per tipo di fedeltà: esiste il testo originale, c’è la tradizione e ci sono i destinatari. Si possono imitare le forme originarie oppure produrre un equivalente del significato di partenza, fare cioè traduzioni letterali oppure attente a realizzare una nuova presenza del testo, od ancora rivolte a far capire il messaggio originario. Si possono usare metodi ed approcci diversi; si può cercare una convivenza di metodi e di approcci tra loro integrativi. Riguardo all’equivalenza, riallacciandosi al pensiero di Eugene Nida in Toward a science of translating (Leiden 1964), Buzzetti presenta due principali maniere di tradurre: una tendenzialmente orientata all’imitazione delle forme originarie, vale a dire una «equivalenza formale», l’altra a produrre soprattutto l’equivalente del significato di partenza, una «equivalenza dinamica». La prima tende a salvare la storicità del testo, a rispettare la forma d’origine eventualmente con l’aiuto di note esplicative. La seconda cerca di portare il testo, che subisce una trasformazione, fino al lettore per metterlo nella stessa condizione del primo destinatario. Ne risulta una equivalenza degli effetti e in questo caso, egli osserva, la traduzione diventa una «tradizione» di idee, di sentimenti, di esperienze, ma non più, propriamente, di testi.
Essendo l’applicazione rigida di un unico metodo pressoché inattuabile, chi traduce deve operare continuamente delle scelte secondo il tipo di servizio che vuole rendere ai destinatari. Costoro possono avere l’esigenza di fare esegesi, fare teologia, catechesi o di fare meditazione. Il dilemma tra fedeltà verbale ed equivalenza indica che «non esiste un’unica maniera di tradurre un testo, ma ogni completa traduzione rappresenta la scelta e l’attuazione di una delle molte possibilità aperte, con l’inevitabile rinuncia alle altre» (ivi, p. 148). Chi è impegnato a ricostruire l’evento comunicativo originario mediante le risorse di un’altra lingua, è consapevole della storicità e provvisorietà del proprio lavoro. Per questo motivo, egli sottolinea, nuove traduzioni sono sempre utili perché approfittano dei risultati dei più aggiornati studi di esegesi e di critica testuale per rendere accessibile ad ogni lettore il testo biblico nella propria lingua viva, anche se di modesta rilevanza internazionale. È la continuazione del modello dell’incarnazione della Parola, della missione come inculturazione sempre nuova.

5. Chiarire assieme le divergenze interpretative

Nel movimento ecumenico le Chiese in cammino verso l’unità progrediscono anche mediante il lavoro della comune traduzione della Bibbia che dà loro l’opportunità di confrontarsi sul modo d’intendere il testo sacro. Questa cooperazione biblica interconfessionale tende a manifestare l’unità che già esiste, mettendo in risalto gli elementi di unità rimasti: è una novità dei tempi recenti che crea un clima nuovo, rileva Buzzetti. Fa prendere coscienza della scarsa familiarità dei fedeli con il testo scritto ed a riconoscere che la parola di Dio nella Bibbia è una, anche se da essa si sviluppano comprensioni differenti. Le divergenze tra cristiani sono, infatti, radicate «in diverse interpretazioni della Bibbia, ma non lo sono mai in diverse forme della Bibbia» egli osserva. Esistono differenze materiali, ad esempio sul canone, ma non sono esse a fondare le divisioni. Anzi, le divergenze sono spesso stimolanti e possono rivelarsi complementari e fruttuose. La via migliore per comprendere a fondo la Bibbia consiste, a suo avviso, nel confronto fra varie traduzioni.
Egli formula l’ipotesi che se la Bibbia fosse sempre stata presentata in modo ampiamente comprensibile, «l’intero popolo di Dio avrebbe potuto essere maggiormente protagonista nel mantenimento dell’unità e nella promozione della crescita di tutti verso la piena conoscenza» (ivi, p. 390). Specialmente per le giovani Chiese servono nuove versioni se si vuole che la loro tradizione biblica sia irrobustita, che la Parola scritta sia incarnata, diventi nutrimento quotidiano. Per facilitare l’accesso alla Scrittura rendendola viva e pertinente e farla giungere anche ai non cristiani, sono perciò utili testi di immediata comprensione e in edizione economica: è importante sia per il valore emblematico sia per quello intrinseco. Con profonda convinzione, quindi, il prof. Buzzetti ha collaborato con le Società Bibliche per rendere e divulgare il testo biblico in lingue non molto diffuse, ma parlate da popoli desiderosi di appropriarsi la parola di Dio con semplicità. Le traduzioni nelle lingue correnti, le più vicine al linguaggio parlato, portate a termine finora da queste società in tutto il mondo sono numerose. Dalle iniziali sessanta versioni dell’intera Bibbia o una sua parte in circolazione ai primi dell’Ottocento, si è giunti alle oltre duemila traduzioni dell’inizio del Duemila; ma l’impegno non è terminato perché molte persone mancano ancora di propri testi biblici disponibili nella lingua materna.

6. Primo lavoro di traduzione fatta in comune: Parola del Signore

Nel post-concilio la collaborazione tra cattolici e protestanti si è concretizzata nella pubblicazione congiunta Parola del Signore, la prima traduzione interconfessionale del Nuovo Testamento nella lingua corrente italiana. Chiamata Tilc, è una versione che non si propone in alternativa ad altre, ma come integrativa, intendendo comunicare il significato originario in modo agevole. È stata pubblicata, dopo oltre quattro anni di lavoro, nel novembre del 1976 da Ldc/Abu in seguito all’accordo del 1968 che definiva i principi ai quali attenersi. Alla sua elaborazione hanno operato come traduttori responsabili, sin dalla nomina ufficiale avvenuta il 27 giugno 1973, i professori cattolici Carlo Buzzetti e Carlo Ghidelli e protestanti Bruno Corsani e Bruno Costabel, coordinati dal pastore Renzo Bertalot. Di comune intesa, nella traduzione si è scelto di privilegiare il contenuto anziché la forma. Si è seguito prevalentemente il metodo delle equivalenze sostanziali, ovvero aderenza più al senso originario che alla lettera. Si è cercato di provocare nel lettore di oggi lo stesso effetto che il testo originale suscitava nei lettori del primo secolo, in un italiano fluente e chiaro che non necessiti di introduzione né di note. Il proposito è stato quello di evitare una pura imitazione formale, nella convinzione che un letteralismo eccessivo non significhi maggiore fedeltà al contenuto. Si è desiderato far sì che la parola di Dio sia fonte di evocazione, comunichi il messaggio di salvezza all’uomo secolarizzato di oggi perché diventi per lui «Parola di vita»
Durante i lavori, si è curata la ricezione della traduzione congiunta. Ogni testo è stato discusso assieme e ogni scelta fatta ha ottenuto l’approvazione generale. Dei comitati coordinatori hanno mantenuto i contatti tra i vari gruppi di lavoro per assicurare l’omogeneità del lavoro finale. A titolo di sondaggio, ai primi del 1975 si è anticipata la versione della lettera di Giacomo. Numerose copie offerte da Fbc e Abu sono state distribuite nell’anno santo anche da Paolo VI, personalmente, durante le udienze. All’emissione del Nuovo Testamento completo, gli apprezzamenti hanno superato di gran lunga le critiche di chi era abituato al metodo tradizionale letterale. Osservazioni giunte in seguito sono state esaminate dal comitato di traduzione, che ha inserito l’eventuale revisione in occasione della pubblicazione dell’intera Bibbia interconfessionale tradotta con gli stessi criteri, sotto la guida degli esperti Abu, i pastori Jean-Claude Margot e Jan de Waard e don Carlo Buzzetti.
Questo secondo lavoro comune è stato messo in circolazione nel giugno del 1985 e ha ottenuto l’alto riconoscimento di Giovanni Paolo II. Il 30 settembre successivo, giorno della sua presentazione ufficiale, nel saluto alle Società Bibliche e alla Federazione Biblica Cattolica, il papa giudicò quella impresa «un importante momento di collaborazione e quindi di incontro ecumenico» auspicando che «non trascorra invano, ma produca realmente una feconda riscoperta della nostra comune piattaforma di origine». Accanto alla diffusione del testo che superò ogni aspettativa, si svilupparono in ambiente sia cattolico che protestante una serie di corsi universitari sulla traduzione. Ricordiamo quelli promossi dalla Facoltà Valdese di Teologia, dal Pontificio Istituto Biblico e dall’Istituto Ecumenico San Bernardino.
Don Carlo Buzzetti, uno dei protagonisti della Tilc, ha lasciato parte della documentazione personale concernente la sua attività nelle Società Bibliche al Centro per l’Ecumenismo in Italia, istituito il 28 novembre 2008 ed ospitato dall’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia. Presso il Centro, diretto dal prof. Riccardo Burigana, è conservata anche la documentazione della Società Biblica in Italia, grazie all’interessamento del dott. Valdo Bertalot, segretario generale di detta Società, il quale ha voluto mettere a disposizione questo prezioso materiale per contribuire al recupero, alla conservazione e allo studio della memoria storica del movimento ecumenico in Italia. La Sbi, soprattutto a partire dalla conclusione del concilio Vaticano II, è stata uno dei motori del movimento ecumenico in Italia, proponendo numerose occasioni per un confronto, non solo biblico, tra studiosi cristiani di diversa provenienza. Nell’esaminare la corrispondenza epistolare tra Buzzetti e le Sb/Abu si può cogliere il clima di cooperazione da lui instaurato durante lo svolgimento dei lavori.

7. Estendere l’accessibilità al messaggio evangelico

Dopo la pubblicazione dell’intera Bibbia in italiano, l’Abu propose al prof. Buzzetti di mettere a disposizione l’esperienza maturata continuando a collaborare nel campo della traduzione e della diffusione del testo biblico. Lo vediamo pertanto impegnato a cooperare nella divulgazione della Tilc in Italia e a pianificare gli sviluppi interconfessionali del lavoro biblico fornendo consulenza scientifica alle Società Bibliche per nuove versioni fuori dell’Italia. Si stavano allora studiando centosettanta progetti di traduzioni interconfessionali. Viaggiando per promuovere seminari, Buzzetti si rese conto che nelle nazioni a maggioranza cattolica il lavoro dell’Abu era percepito come un’attività dei protestanti e che molti identificavano la Bibbia interconfessionale con il protestantesimo. A suo avviso, era utile formulare dei principi guida comuni anche per la distribuzione biblica, perciò dette il proprio contributo all’aggiornamento dei Principi direttivi. I suoi studi, frutto di continua ricerca su esegesi e traduzione, editi in quel periodo sono: La Bibbia e le sue trasformazioni (Brescia, 1984), La Bibbia e la sua traduzione. Studi tra esegesi, pastorale e catechesi (Torino, 1993) e La Bibbia e la sua comunicazione (Torino, 1997).
Dalla documentazione conservata presso il Centro emerge che sono anni di intensa attività per don Carlo come consulente di traduzione in collegamento con l’Abu. Ad Oviedo egli partecipa al seminario del 21-22 ottobre 1988 convocato dalla Sociedad Bìblica de España per la traduzione interconfessionale nel dialetto bable delle Asturie, dando suggerimenti molto apprezzati. Si parte dal vangelo di Luca, si prosegue con tutto il Nuovo Testamento e si termina con la versione dell’Antico Testamento, sempre applicando i criteri dell’equivalenza dinamica. Nel 1989 inizia la sua collaborazione nei lavori di traduzione in lingua corsa che presenteremo più avanti. Lo stesso anno con la Libreria Sacre Scritture pubblica con B. Corsani il Dizionario di base del Nuovo Testamento greco-italiano i cui elementi di originalità sono le funzioni di concordanza. Questo lavoro gli serve anche per dare consigli a Kurt e Barbara Aland in un incontro a Münster dell’8 settembre dello stesso anno per un’edizione del Nuovo Testamento greco (Nestle-Aland)-italiano (Cei), detta anche Diglotta, che esce nel 1996 per opera della Sbbf, come frutto di cooperazione interconfessionale. L’8 gennaio 1997 è presentata dal card. C.M. Martini e da Barbara Aland presso la Facoltà di Teologia dell’Università pontificia salesiana.
L’ultima decade del secolo scorso vede il suo apporto moltiplicarsi; basti pensare che nel corso del 1996 si è tradotto almeno un libro della Bibbia in trentanove lingue nuove. Nel girare il mondo per prendere contatto con le altre confessioni cristiane, nel 1971 don Carlo, rovistando tra gli scaffali di una società biblica londinese, si era imbattuto ne Il Vangelo di S. Matteo volgarizzato in dialetto milanese. Stampato a Londra nel 1859 dai protestanti era stato tradotto da Angelo Picozzi, un garibaldino fondatore di giornali e pubblicato da Bonaparte, nipote di Napoleone. Nel 1991 don Carlo lo va a rintracciare e lo fa ristampare con il supporto della Sbbf, incoraggiato anche dal card. C.M. Martini, arcivescovo di Milano, che nel 1993 ne riceve copia. Lo stesso anno la Sbbf pubblica, in riproduzione anastatica, il medesimo vangelo tradotto in dialetto bergamasco da Pasino Locatelli e stampato a Londra nel 1860. Ne è subito inviata copia al card. C.M. Martini e al vescovo di Bergamo, mons. Roberto Amadei, sottolineandone la rilevanza ecumenica. In quel periodo, a Roma don Carlo si occupa della preparazione del Museo biblico per il Giubileo del 2000 e contribuisce a diffondere il vangelo di Marco, pubblicato in edizione interconfessionale multilingue per essere distribuito in occasione della XV Giornata mondiale della gioventù nell’agosto del 2000. Questa emissione è preparata, per richiesta esplicita cattolica, dalla Sbi, società con la quale egli collabora per la pubblicazione del vangelo di Luca in sette lingue da far circolare negli alberghi durante il Giubileo.
In campo internazionale, dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il prof. Buzzetti sovrintende al lavoro di traduttori impegnati in progetti comuni nelle aree a prevalenza ortodossa. È coordinatore dei due comitati che operano per la traduzione ecumenica del Nuovo e del Vecchio Testamento in lingua polacca, apprezzata dal primate card. Józef Glemp. È coinvolto nelle traduzioni in russo moderno, in romeno ed è consulente per le versioni interconfessionali nelle lingue slovacca e albanese. In Albania, nei primi anni Novanta la Chiesa ortodossa e quella cattolica insieme con l’Alleanza evangelica decidono di rinnovare le vecchie traduzioni bibliche e incaricano la Società Biblica in Albania e il progetto Së Bashku (Insieme) di realizzare una comune traduzione della Scrittura accessibile a tutti, con esperti provenienti dalle tre confessioni e coordinati da don Carlo in qualità di consulente dell’Abu. Portato a termine un nuovo Lezionario, si procede con il Nuovo Testamento. Il primo anno è dedicato ad approfondire la lingua greca antica per confrontare il testo originario con le traduzioni esistenti in albanese e già accettate dalle tre confessioni, informando settimanalmente il prof. Buzzetti dell’avanzamento. Dal settembre del 2002 si entra nel vivo dei lavori con l’intento di pubblicare la traduzione completa entro il 2005.
A conclusione di questa breve rassegna, per dare un’idea della complessità dell’opera svolta da chi si assume il compito di coordinare un’attività di traduzione protratta per anni, a titolo di esempio presentiamo l’iter seguito per effettuare, pubblicare e far recepire una versione dei vangeli in lingua corsa.

8. «U Vangelu»

Un progetto comune maturato in seguito al rinnovato clima ecumenico post-conciliare e realizzato da un apposito gruppo di lavoro è stata la traduzione interconfessionale in lingua corsa del Nuovo Testamento. Si dette avvio nel 1989 durante un seminario di preparazione tenutosi dal 2 al 5 novembre nelle Residenze Pinéa di Calvi, Corsica, presso l’Opera missionaria Vie Nouvelle, sotto la direzione dell’olandese prof. J. de Waard, coordinatore europeo dell’Abu, e del prof. C. Buzzetti, consulente della stessa Abu per le traduzioni. Si terminò nel 1994 con la pubblicazione dell’edizione intitolata U Vangelu, Traduzzione Interconfissiunale in lingua corsa. Alla popolazione della Corsica non mancava la possibilità di leggere la Scrittura in lingua francese, ma i promotori dell’iniziativa erano dell’opinione che ogni popolo meriti di ricevere la Bibbia nella propria lingua materna, la sola in grado di far prendere alla Parola un timbro speciale, di suscitare un’eco particolare. Il rispetto per l’idioma proprio delle persone da evangelizzare è un principio che i missionari cristiani mettono continuamente in pratica.
La Corsica è governata da centinaia d’anni dalla Francia come regione autonoma, con un proprio statuto. La sua insularità le ha comunque garantito un forte sentimento nazionale e un mai del tutto sopito desiderio d’indipendenza. La sua popolazione è, infatti, molto attaccata alle proprie tradizioni e alla propria lingua. U Corsu, il corso, lingua polinomica e non accademica, è una lingua neolatina, afferente all’area italo-romanza e connessa al gruppo dei dialetti toscani; «lingua possente, e de’ più italiani dialetti d’Italia», l’ha definita Niccolò Tommaseo. Essa ha un suo sistema, che è unico per tutta l’isola, una propria sintassi, pur con alcune varianti che non tolgono nulla alla sua unicità e comprensibilità. Ridotta a tradizione orale per molto tempo e dominata da altre lingue – ricordiamo l’italiano prima e il francese poi – la lingua corsa ha rischiato di scomparire, come affermato anche dall’Unesco. Soltanto nel 1974, grazie ad un forte movimento d’opinione che si è battuto per la sua rinascita, il corso ha visto riconosciuto lo status di lingua «regionale» e ha quindi acquisito il diritto di essere insegnato a scuola dalle materne fino all’università. Nel 1981 a Corte è stata riaperta l’Università di Corsica, fondata dall’eroe dell’indipendenza corsa Pasquale Paoli nella seconda metà del diciottesimo secolo e in seguito chiusa.
È in questo contesto che ha preso forma il progetto per una traduzione interconfessionale dei vangeli, operazione che l’ispettore generale dell’educazione nazionale Marie-Jean Vinciguerra ha definito una «impresa di fondazione e, se del caso, di riconquista dell’Essenziale attraverso la lingua materna, figlia di Dio, come scriveva Dante». A dire il vero, una traduzione del vangelo di Matteo in lingua corsa commissionata a suo tempo da Napoleone e una del vangelo di Luca fatta da Antomarchi nel 1923 già esistevano, ma erano rare e limitate. Le comunità locali, «nostalgiche di una comunicazione universale», ma allo stesso tempo «guardiane gelose» della lingua che le distingue, hanno quindi sentito il bisogno di «sottoporre la lingua corsa al giudizio del tempo presente» (in Lingua Matria).
Nel 1985 il pastore della chiesa libera evangelica di Corsica, Jean-Philippe Waechter, una persona sensibile alle rivendicazioni d’identità della popolazione corsa, effettuò una prima consultazione presso le chiese per una traduzione comune del Nuovo Testamento, senza ottenere risultati entusiasmanti. Quattro anni più tardi, nel novembre 1989, con l’aiuto della Società Biblica Francese (Sbf ) e dopo numerose consultazioni in loco, si è riusciti a convocare il sopraccennato seminario inaugurale a Calvi. In quella occasione si è reso possibile ai rappresentanti del mondo culturale e religioso dell’isola di prendere familiarità con il progetto. Sono stati invitati esperti linguistici delle diverse denominazioni cristiane da suddividere in due gruppi di traduzione, uno per il Nord ed uno per il Sud, viste alcune particolarità locali, coordinati da don Carlo. Si era consapevoli della delicatezza dell’opera, come testimonia la menzione di Jaques Gregori che, citando il pastore Daniel Lys, ricordava la seguente osservazione rabbinica: «Chi traduce in modo assolutamente letterale è un falsario; chi aggiunge qualcosa è un bestemmiatore» (in Kyrn Magazine, 1 giugno 1990).
Nell’aprile del 1990, a St. Pierre de Venaco si è tenuta una seconda riunione per mettere a punto un metodo di lavoro. Per renderlo il più efficace possibile, si è deciso di distribuire il compito tra due gruppi, uno posto a Bastia e l’altro ad Ajaccio, con traduzioni da inviare poi a dei revisori e in seguito a dei lettori specialisti in varie discipline per una correzione finale. A causa del ritiro di alcuni membri per ragioni personali, il gruppo del Nord si è poi sciolto e i lavori sono proseguiti prevalentemente ad Ajaccio. Si è iniziato con il vangelo di Matteo; si è poi rimaneggiata una traduzione esistente del vangelo di Marco. Si sono infine tradotti i vangeli di Luca e di Giovanni. Per tutti si sono applicati i seguenti criteri. Si è preso come base il testo greco e si sono consultate diverse traduzioni moderne, soprattutto quelle interconfessionali. Con la Chiesa cattolica, maggioritaria nell’isola, hanno collaborato tutte le Chiese protestanti presenti nel territorio, coordinate dalla Sbf. Tutte le spese sono state sostenute dalla Società Biblica. Per l’illustrazione della copertina ha provveduto l’artista corso Toni Casalonga, nominato in seguito presidente del Consiglio economico, sociale e culturale a livello della Collettività territoriale della Corsica.
Nel 1994, dopo poco più di quattro anni d’intenso lavoro e superando gli inevitabili momenti di scoraggiamento, finalmente la traduzione interconfessionale dei vangeli in lingua corsa è stata portata a termine. Nella prefazione del volume pubblicato dalla Sbf per conto dell’Abu e intitolato U Vangelu sicondu Matteu, Marcu, Lucca è Ghjuvanni, il vescovo di Ajaccio, mons. Sauveur Casanova, ha caldamente esortato i suoi fedeli a leggere il vangelo in questa versione, «così preziosa nel far comprendere che la Parola di Dio è vicina, accessibile al nostro parlare comune. Essa si esprime nella nostra lingua nativa». Egli ha dimostrato pure di apprezzarne il valore ecumenico, avendo aggiunto: «Leggete attentamente il Vangelo, sperimenterete, con gioia, la potenza unificante della Parola di Dio». Sylvia Barbu, incaricata delle edizioni alla Sbf, ha pure posto l’accento sull’amore per l’idioma nativo dei Corsi che «non hanno affatto bisogno di una lingua supplementare per comunicare. Ciò che vogliono ascoltare, è l’accento del loro villaggio su una pagina, o quello del villaggio vicino su un’altra» (in La Bible dans le Monde 3, 1994).
Il 29 giugno 1994 la traduzione è stata presentata ufficialmente ad Ajaccio nell’emiciclo dell’Assemblea territoriale della Corsica, alla presenza delle più alte autorità politiche e culturali isolane. Il primo lancio dei vangeli, tenuto a battesimo in primis dalle autorità, è stato quindi un evento civile. In un articolo il pastore Waechter ha fatto notare che si trattava di «un fatto unico nella storia: dei brani scelti dei vangeli sono stati letti alla presenza delle autorità negli stessi locali in cui si trattano gli affari politici dell’isola» (Les Evangiles en langue corse, in Christianisme au 20e siècle, 31 agosto 1994). Lo considerava un modo di partecipare alla forte spinta di rivendicazione identitaria presente nell’isola e sperava con questa traduzione di contribuire a conservare la lingua, anzi a fissarla. Questo pastore è stato talmente soddisfatto del successo che si è augurato di trovare finanziatori per registrare e diffondere tutta l’opera su audiocassette. Ha altresì auspicato l’avvio di un processo rivolto alla formazione di canti e di opere in lingua corsa ispirati a questi vangeli: delle creazioni forti, che fossero frutto di una vena poetica e spirituale in stile corso.
Il 18 agosto successivo ha avuto luogo la presentazione dell’opera alla stampa. Nella stessa giornata si è tenuta la presentazione religiosa nel recinto della Cattedrale di Ajaccio alla presenza dei rappresentanti delle diverse comunità cristiane che avevano partecipato al progetto. Protestanti e cattolici si sono pertanto riuniti a festeggiare il lavoro comune. In nome della Società Biblica Francese ha preso la parola il direttore pastore Serge Oberkampf per incoraggiare la diffusione dell’opera. Ci si aspettava un particolare zelo da parte dei protestanti nel divulgarla, nella consapevolezza che sin dalla Pentecoste a Dio è piaciuto rivelarsi ai popoli nella loro lingua materna, la lingua del cuore. Il Vescovo d’Ajaccio, che si era interessato a tutte le fasi dell’operazione, ha subito autorizzato l’utilizzo da parte della Commissione liturgica di questa versione nella celebrazione della Parola in lingua nustrale (Ange Gambotti, in Église de Corse 14, 1994). Si è riusciti in questo modo a realizzare una nuova presenza dei vangeli per un arricchimento spirituale e culturale degli abitanti dell’isola, nella speranza di poter presto completare il testo neotestamentario.

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