Da Sophia “Un ponte per il Libano”

Da Sophia “Un ponte per il Libano”

Città Nuova, 26 Marzo 2022

di Tamara Pastorelli

Giovedì 24 marzo, mons. Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut, ha incontrato nella cittadella di Loppiano, i rappresentanti della rete italiana del progetto “Un ponte per il Libano”. L’iniziativa è promossa dal Movimento dei Focolari in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II.

«Per me è un dovere essere qui per rendere grazie a Dio e a voi. Siete segno della solidarietà umana che voi fate giungere al popolo libanese. La vostra rete consente di far arrivare medicine a tante persone!». Così, mons. Cesar Essayan, vicario apostolico di Beirut dei Latini, ha salutato, dalla sala del Consiglio dell’Istituto Universitario Sophia a Loppiano (Fi), i volontari italiani della rete “Un ponte per il Libano”, collegati via streaming. Tangibile la gioia e la commozione da parte di tutti. Qualcuno, non volendo mancare, si è addirittura collegato dall’ospedale, mentre attendeva di sottoporsi ad un intervento. «È commovente essere con voi – ha aggiunto mons. Essayan – e scoprire il vostro animo bello. Oggi metto un volto alla Provvidenza di Dio. Grazie per il vostro contributo». Sono presenti anche alcuni rappresentanti della Fondazione Giovanni Paolo II, che collabora attraverso una raccolta fondi per l’acquisto di latte in polvere, destinato alle famiglie bisognose del Paese dei Cedri.

L’iniziativa, partita nell’agosto del 2021, vuole rispondere alle necessità del popolo libanese che, negli ultimi anni, sta vivendo una delle peggiori crisi sociali, politiche, finanziarie ed economiche della sua storia, con una grave inflazione e tre quarti della popolazione che vive sotto la soglia della povertà. A questo, si è aggiunta una grave mancanza di carburante, energia elettrica e altri beni essenziali, come cibo, medicine (in particolare farmaci per la cura delle malattie croniche) e latte per i neonati.

L’azione della rete italiana è completata in Libano da una rete locale di associazioni e gruppi volontari che si occupano di censire i malati più poveri e fragili, bisognosi di cure continuative, di redigere le liste di farmaci utili a garantirne la continuità terapeutica e di distribuire i medicinali una volta arrivati nel Paese.

Il primo invio di farmaci e latte è avvenuto a dicembre 2021. Il 29 marzo prossimo, partiranno da Loppiano 12 bancali di farmaci, che voleranno a Beirut, ancora una volta, grazie ai voli dell’Aeronautica Militare del Comando della Missione Unifil.

L’emergenza educativa in Libano

Nello stesso giorno, mons. Cesar Essayan e Giuseppe Argiolas, rettore dell’Istituto Universitario Sophia, hanno firmato un protocollo d’intesa per collaborare – come si legge nel testo dell’accordo – a «ricreare le condizioni di uno sviluppo economico e sociale» e di permettere ai giovani libanesi «di avere accesso ai vari gradi di studio». Infatti, secondo gli ultimi rapporti delle Nazioni Unite, circa il 15% delle famiglie libanesi è stato obbligato ad interrompere l’istruzione dei figli.

L’Istituto Universitario Sophia e il Vicariato di Beirut si rendono così disponibili a promuovere annualmente la partecipazione di studenti libanesi ai corsi di licenza (biennali) in Economia e Management, a promuovere la ricerca, la pubblicazione dei risultati, lo scambio culturale e l’attivazione di borse di studio per il sostegno dei costi di iscrizione e di permanenza degli studenti presso il Campus universitario. Per sostenere questa iniziativa è stato lanciato un progetto di raccolta fondi che, attraverso la Fondazione per Sophia, possa coinvolgere istituti bancari, soggetti imprenditoriali pubblici e privati, istituzioni, enti e associazioni e soggetti privati.

«Il Libano – ha confidato mons. Cesar Essayan incontrando, nell’occasione, una rappresentanza degli studenti e del corpo docente dell’Istituto – è un Paese che ha bisogno di tanta unità. Non riusciamo ancora a unirci come popolo. Questa è una delle ferite che non riusciamo ancora a guarire e una delle sfide che non riusciamo ancora a prendere sul serio. La paura ci impedisce di andare verso l’altro, anche perché non abbiamo mai avuto un’esperienza dell’altro come quella che questa università può offrire». E ha aggiunto: «Solo un respiro culturale diverso dal nostro ci può aiutare ad aprire gli occhi sulla nostra stessa realtà e a trovare vie diverse per la ripresa del nostro Paese. Di formare persone che si riconoscano “persone”, con una vocazione al bene comune, che sappiano costruire questo bene comune. E, se noi, attraverso la nostra collaborazione, possiamo permettere anche ad una sola persona di fare questo… Come si dice? “Chi salva una vita, salva il mondo”».


Città Nuova (26 marzo 2022)

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