In aiuto ai giovani di Baghdad

In aiuto ai giovani di Baghdad

Sinergia tra settimanali cattolici e fondazione Giovanni Paolo II. Il vescovo della Chiesa latina monsignor Sleiman ha presentato il progetto a una conferenza a Fiesole

29 maggio 2009

Respiro di pace per i cristiani di Baghdad. È questa la speranza nutrita dal vescovo della Chiesa latina, monsignor Jean Benjamin Sleiman, che lancia un monito di aiuto con un progetto legato a un centro ricreativo presso la sua parrocchia nella capitale irachena. Un progetto che ha come obiettivo finale quello di rivitalizzare la vita pastorale dei giovani cristiani dell’Iraq, arginandone di conseguenza l’esodo silenzioso da una terra oramai lacerata da anni di regime ed ora di instabilità politica. Un appello raccolto dall’organizzazione onlus ‘Giovanni Paolo II’ che, in collaborazione con la Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), ha presentato il progetto alla stampa durante una conferenza presso il Seminario vescovile di Fiesole (FI).

“È necessario continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica – racconta monsignor Sleiman – perché purtroppo non basta la visita di Benedetto XVI in queste zone del mondo per arginare la violenza e l’odio”.

“Seppure la situazione in Iraq stia lentamente migliorando dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, permangono ancora molti problemi di convivenza tra i diversi gruppi etnico-religiosi. C’è uno squilibrio tra lo stato centrale e le province, inoltre per una questione di vendetta sospesa i rapporti tra arabi e curdi, che chiedono l’indipendenza, continuano ad essere difficili e temo che se gli americani si ritirino possa degenerare ulteriormente. La violenza è diminuita, ma persiste un clima di chiusura che stimola il fondamentalismo e di conseguenza il livello di tolleranza per i cristiani è basso, che sono presenti con ben 14 Chiese di riti diversi. Insomma, al momento la situazione politica è ancora delicata e i rapporti tra le diverse religioni permangono tesi”.

Come rispondono i suoi fedeli?

La paura è il primo sintomo per allontanare la gente, e molti stanno lasciando il Paese. È tempo di ricostruire una società civile e vigilare di conseguenza sui problemi sociali. Forse sarà sempre difficile debellare la violenza da queste terre, ma bisogna provare partendo prima di tutto dai giovani. Quindi obiettivo anche di questo centro è quello di creare un punto comune. Non dimentichiamo che sono state ristabilite le scuole religiose, ma separati uomini e donne, dall’asilo all’università. Per questo sono convinto dell’importanza di un luogo aggregativo che accolga tutti i giovani e possa diventare un buono stimolo per potersi incontrare tra di loro. Esiste un gap generazionale, ovvero i bambini diventano adulti in un attimo.

La malinconia è il sentimento dominante e c’è il sogno continuo di andare altrove. Noi invece dobbiamo lavorare per migliorare la situazione in loco e arginare l’esodo dei cristiani. Sia attraverso questo centro, sia grazie all’aiuto della Fondazione Paolo Giovanni II, chiedo un esplicito aiuto nel sostenere queste azioni e vi chiedo di affiancarmi nelle attività. Penso anche agli anziani, che spesso si trovano da soli: questo centro può diventare per loro un punto non solo d’incontro, ma anche un luogo in cui si può sfamare il desiderio di aggregazione e in cui trovare stimoli per la ricerca della pace.

Quali caratteristiche avrà questo centro?

In realtà la struttura esiste già, quello di cui c’è bisogno è un effettivo sostegno di gestione e poterlo riempire di contenuti. La mia intenzione è quella non solo di migliorare l’aspetto sportivo, ma anche di poter insegnare danza, arte, musica e al tempo stesso fare corsi per animatori parrocchiali. Abbiamo bisogno di riportare una cultura comune in Iraq e spronare al dialogo per raggiungere la democrazia e l’uguaglianza. Insomma, promuovere diverse attività per favorire il dialogo interreligioso e interculturale. Quindi un centro non solo per i cristiani, ma anche per le altre Chiese.

Francesca Baldini

Share this content: